GP Stati Uniti, Anteprima Ferrari: “Nella terra della stella solitaria”

Quello che si correrà domenica sarà il 41° GP degli Stati Uniti valido per il Mondiale inteso con questa denominazione, mentre le vittorie della Scuderia Ferrari sono in totale 13.

Sono però in totale 69 le gare di Formula 1 disputate in terra statunitense, tra cui undici edizioni della 500 Miglia di Indianapolis e altri 18 Gran Premi: due, addirittura, nel parcheggio del Caesars Palace di Las Vegas.

Una gara in America era inclusa nel calendario della Formula 1 fin dalla prima stagione, nel 1950: si trattava della 500 Miglia di Indianapolis, che rimase parte del Mondiale fino al 1960 nel tentativo, di fatto mai riuscito, di unire i mondi dell’automobilismo europeo e americano.

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Anche la Scuderia Ferrari tentò la conquista della celebre corsa su ovale, nel 1952 con Alberto Ascari, ma per il milanese quell’avventura si concluse con un ritiro. Il primo vero e proprio Gran Premio degli Stati Uniti si disputò nel 1959 sulla pista di Sebring e venne vinto da Bruce McLaren su Cooper, con la Ferrari di Tony Brooks terza sul podio. L’anno dopo si gareggiò a Riverside, ma la squadra italiana non era presente.

LA LUNGA ATTESA DELLA FERRARI IN AMERICA:

Per vedere il primo successo della Scuderia Ferrari negli Stati Uniti fu necessario attendere il 1975: Niki Lauda, già campione del mondo, si impose da dominatore a Watkins Glen, la pista alle porte di New York che ospitò venti edizioni della gara.

L’anno seguente fu invece Clay Regazzoni a far festa. Il ticinese vinse, infatti, sulla pista di Long Beach, che per otto anni ospitò il secondo Gran Premio stagionale negli States. A fine anni Settanta arrivarono poi due splendide doppiette: Carlos Reutemann nel 1978 si impose sia a Watkins Glen che a Long Beach, imitato l’anno dopo da Gilles Villeneuve.

Per tutti gli anni Ottanta gli Stati Uniti rimasero in calendario: due gare si svolsero, come detto, a Las Vegas, una a Dallas, sette a Detroit e tre a Phoenix, dal 1989 al 1991. A quel punto il grande Paese sparì dalla Formula 1.

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Il Circus fece ritorno nel 2000, quando all’interno del catino di Indianapolis venne ricavato un circuito misto che, unitamente alla curva 1 dell’ovale che si percorreva però in senso opposto rispetto alle vetture IndyCar, permise di organizzare otto edizioni del Gran Premio. Ad inaugurare nel migliore dei modi la nuova pista fu Michael Schumacher che si impose con la Ferrari gettando le basi per la conquista del titolo mondiale.

GLI ANNI D’ORO DELLA FERRARI

Il nuovo circuito di Indianapolis divenne territorio di conquista per la Scuderia che nel 2002 arrivò in parata con le proprie vetture, a emulare l’arrivo trionfale della 24 Ore di Daytona del 1967.

La curiosità di quella giornata fu il colpo di gas dato da Rubens Barrichello proprio sul finale, che permise al brasiliano, intenzionalmente o meno, di sopravanzare per appena 11 millesimi il compagno Schumacher. Il tedesco si impose poi per quattro anni di fila, dal 2003 al 2006, il penultimo anno di Indianapolis.

L’ARRIVO DEL TEXAS

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Il Gran Premio degli Stati Uniti è tornato in calendario nel 2012 su una nuova pista, il Circuit of the Americas (COTA), uno spettacolare tracciato sui saliscendi del Texas, anche noto come lo stato della stella solitaria, disegnato dall’architetto specializzato Hermann Tilke.

Lo scorso anno la Scuderia Ferrari Mission Winnow conquistò la vittoria grazie a Kimi Raikkonen. Per il finlandese, campione del mondo con la squadra italiana nel 2007, si trattava della decima vittoria al volante di una Ferrari, a 9 anni e 52 giorni dalla precedente, ottenuta a Spa-Francorchamps nel 2009.

Per quanto riguarda i due piloti titolari, Sebastian Vettel ha vinto qui nel 2013, mentre Charles Leclerc nella sua unica apparizione al COTA, lo scorso anno, è stato coinvolto in un incidente al via ritirandosi nelle prime fasi di gara.

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